Quando parliamo di finanza oltre che di numeri, grafici, analisi, non possiamo scordare che gran parte delle decisioni di un investitore dipendono dal modo che ha il nostro cervello di processare le informazioni.
Era il 1941 quando un bambino ebreo, durante il coprifuoco, viene fermato da un soldato tedesco.
Il bambino trema perché crede di poter essere arrestato, invece stranamente il soldato gli sorride gli mostra una foto di un bimbo a lui somigliante e gli dà dei soldi.
In quel contesto quella foto aveva determinato un comportamento completamente diverso da quello previsto.
Daniel Kanheman aveva imparato una lezione molto importante, quella che lo avrebbe portato a vincere il Nobel per l’economia nel 2002, il comportamento umano tra individui o in rapporto alle cose è complicato e imprevedibile.
Più tardi si trovò ad applicare quell’insegnamento al denaro arrivando a scoprire che con il denaro l’uomo si comporta in maniera altrettanto complicata ed imprevedibile.
Facciamo un esempio:
Ipotizziamo di avere un capitale di 100 euro che sarà ridotto a 40 euro. Preferite conservare 40 o perdere 60? Immagino che proprio ora avete bisogno di un attimo per mettere a fuoco la situazione, sentite pulsare la vostra corteccia prefrontale che non distingue subito la differenza. Ma la ghiandola posta a conservazione della nostra persona, l’amigdala, ha già deciso per noi, ci protegge evita di farci soffrire. In un istante prende il sopravvento suggerendoci l’unica risposta che conosce: conservare.
E’ questo spirito di conservazione che ci “costringe” a vendere nei momenti di ribasso. Non riusciamo ad inquadrare bene la situazione, pensiamo che continueremo a perdere senza renderci conto che quel “pericolo” ormai ha già prodotto i suoi effetti.
Quindi possiamo dire che evita la sofferenza ma a volte distorce la realtà, facendoci vedere solo il peggio nelle situazioni e non ci suggerisce strade alternative.
Kanheman, nel suo libro più famoso, la teoria del prospetto, spiega come il nostro sistema di ragionamento obbedisca a 2 diversi stimoli, in convivenza tra di loro nel nostro cervello: il ragionamento calmo, basato su un’attenta analisi della situazione e uno rapido intuitivo quasi automatico.
Cerchiamo un mare di dati che possano darci le ragioni per salire su di una barca carica di azioni, poi ci basta imbarcare un po’ di acqua al primo temporale per abbandonarla prima ancora di capire se inizierà ad affondare.
La nostra parte veloce prevale, ci mette di fronte a delle scorciatoie mentali che gli psicologi chiamano euristiche, spingono l’homo oeconomicus ad allontanarsi dal modello razionale, che presuppone a monte giudizi e ragionamenti.
Quindi a meno che non ci troviamo di fronte ad un leone inferocito che ci guarda leccandosi i baffi, cerchiamo di domare la nostra amigdala con la frusta del ragionamento per non essere preda della nostra impulsività.
L’investimento deve essere razionale. Se non lo capite, non lo fate. (WARREN BUFFET)
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