Nel post “una buona notizia non è una novità” https://www.theintelligentinvestor.it/una-buona-notizia-non-e-una-novita/ ho messo in evidenza una ricerca Di Matt Ridley che descrive come il nostro mondo stia diventando più efficiente consumando meno risorse per produrre la stessa quantità di beni e servizi. Questo sta avvenendo grazie alla tecnologia che è espressione dell’ingegno umano. Ci sono uomini infatti che ogni giorno progettano instancabilmente, che non si lamentano dello status quo, che si impegnano per dare un volto nuovo al nostro mondo. Ciò che li accomuna non sono soltanto le capacità personali, sono ottimi scienziati, fantastici programmatori, imprenditori illuminati, ma prima di tutto sono persone che guardano al futuro con ottimismo.
L’ottimismo non come flebile speranza che domani sarà meglio di ieri, ma come ferma consapevolezza che ciò che c’è da scoprire è ancora maggiore di ciò che è già stato scoperto.
Queste persone ogni giorno immaginano e progettano un futuro diverso, hanno di fronte agli occhi lo stesso mondo che abbiamo noi, ma ad esso reagiscono in modo proattivo, si rimboccano le maniche ed utilizzano le proprie capacità per cambiare le cose.
Se guardiamo la classifica degli uomini più ricchi ed influenti del mondo, sarà difficile trovarvi un pessimista, perché nel mondo dell’impresa se non si ha fiducia nel futuro della propria azienda, nelle capacità dei propri collaboratori, nel mercato in generale meglio chiudere subito e risparmiarsi parecchia fatica. I pessimisti per mestiere invece se ne trovano tanti nel mondo dell’informazione, perché il pessimismo, il catastrofismo vende. Essere un ottimista nel campo dell’informazione può voler dire essere destinato a magri guadagni.
Da investitore quindi chi conviene ascoltare? Se avessimo ascoltato Steve Jobs alla presentazione dell’iPhone in cui dipingeva il futuro degli smartphone, oppure Jeff Bezos di Amazon che ci diceva come avrebbe fatto spesa la gente nei successivi 10 anni, o il CEO di Netflix su come le persone avrebbero utilizzato la tv, o Warren Buffet all’inizio del 2009 dopo lo scoppio della Grande Crisi, oggi probabilmente avremmo meno pensieri dal punto di vista finanziario. Ed invece in tanti si soffermano su quelli che dicono il contrario, sui detrattori, perché la nostra natura è cosi, l’istinto di conservazione da più ascolto al possibile pericolo che all’opportunità.
In un articolo del corriere della sera di lunedì 6 gennaio 2020 un giornalista diceva che il nostro popolo tiene nei conti correnti e nei depositi bancari oltre 1500 miliardi di euro e dopo tutti i crack bancari che abbiamo vissuto negli ultimi 10 anni gli italiani ormai non si fidano più. In parte è vero, ma questa è proprio il tipo di informazione da evitare, intanto perché generalizza, poi perché non serve a nulla, se non a farci stare fermi, inermi e quindi a farci perdere opportunità.
Le cose terribili ci sono sempre state ma mai come oggi è stato così facile avere una visione pressoché predefinita del mondo, oggi siamo sotto un bombardamento continuo di avvisi , email, messaggi, tweet e post di Facebook, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, tutti con lo stesso obiettivo, attirare la nostra attenzione, e per attirare la nostra attenzione, la paura è l’arma migliore che si possa utilizzare.
Quello che invece fa cambiare il mondo è volgere lo sguardo verso ciò che di buono sta accadendo. Un ottimismo pragmatico riesce a mantenere le persone motivate, le fa sentire piú sicure delle proprie capacità, e gli fa credere che le cose possono volgere verso il risultato migliore.
Uno dei libri più interessanti per esercitare questa attitudine è il libro di Hans Rosling, “Factfullness, Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo. E perché le cose vanno meglio di come pensiamo” dove l’autore descrive un mondo dipinto a tinte colorate anziché in bianco e nero.
Questo è il link se siete interessati all’acquisto e se cliccate nell’anteprima gratuita potrete leggere l’estratto del libro.
Ogni volta che notiamo che ci stiamo attorcigliando intorno a notizie a senso unico, torniamo ai dati perché sono le uniche corde che possono tirarci fuori dalle sabbie mobili delle nostre emozioni.
Michele Sportoletti
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